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Sindacati militari...siamo ancora alla prova di partenza


La celebre frase attribuita a Galileo Galilei rispecchia per similitudine l’atteggiamento ostruzionistico degli idealisti conservatori in uniforme rispetto al processo di democratizzazione che coinvolge i lavoratori con le stellette.

In effetti la “dottrina lavoristica” aveva già manifestato delle perplessità nel rapporto di continenza tra l’ordinamento militare e quello statale, in cui la pretesa di autonomia e separatezza del primo affievolisce e limita taluni diritti costituzionalmente garantiti al proprio personale.
Di contro la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo benché consideri accettabile una proporzionata limitazione alla particolare specificità, ritiene illegittimo la totale negazione della tutela sindacale per il personale militare. Da tale indicazione la Corte Costituzionale con la sentenza n.120/2018 si è adeguata al dettame europeo dichiarando l’illegittimità del divieto imposto dall’art 1475, c.2, COM e demandando il prosieguo al legislatore per una normativa di settore.
Il risultato atteso ha però deluso le più rosee aspettative, dopo un tortuoso iter legislativo, la legge n. 46 del 28 aprile 2022 appare incompleta tanto da demandare la piena operatività all’adozione dei successivi decreti attuativi e timidamente, riconosce “limitati” diritti sindacali al personale militare.
Purtroppo l’impianto normativo non ha sviluppato un vero bilanciamento tra valori costituzionali e interessi delle parti anzi, seguendo l’accomodata soluzione della Consulta nel riconoscere “momentaneamente” alle APCSM le stesse prerogative della Rappresentanza Militare, ha creato un’impasse di funzioni generatrici di numerose controverse giudiziarie.
Il dubbio sull’utilità democratica della legge si manifesta nelle pressanti limitazioni disposte anche nelle varie circolari “maldestramente” emanate dal Ministero della Difesa. Proprio nell’ultima n. 0140497 datata 19 giugno 2024, il Dicastero decide di escludere dalle tutele previste dall’art. 1479-bis COM tutti i dirigenti sindacali delle APCSM rappresentative che non ricoprono ruoli nazionali e/o regionali. Una chiara negazione al principio di libertà sindacale che snatura l’autonomia rispetto la parte datoriale e che relega l’ordinamento intersindacale alle disposizioni di quello militare.
Nel frattempo l’Arma dei Carabinieri, mancante di specifiche disposizioni normative procede a macchia di leopardo e il tutto viene affidato ai vari comandanti territoriali che, in base al proprio temperamento decidono come interfacciarsi con le APCSM e così, mentre NSC è accolto benevolmente nella regione umbra accade che nelle Marche i vari comandanti ignorano la visita annunciata preventivamente.
Tuttavia neanche il Comando Generale riesce a farsi promotore di una direttrice univoca e così le relazioni sono lasciate all’esclusiva capacità dei componenti del relativo ufficio. Si cerca di evitare la paritetica capacità funzionale non inviando comunicazioni preventive o successive, neanche per le materie di loro competenza così come si evita di concedere apposite bacheche nelle strutture per affiggere comunicati o notizie di interesse sindacale. Oltretutto non mancano le azioni di contenimento ricercato in vari comandi di corpo che, al pari dei rapporti con la rappresentanza, propone alle cariche sindacali locali una preventiva condivisione delle tematiche da trattare con la superiore gerarchia evitando il ricorso agli uffici centrali.
Una lotta impari che riconduce ogni pensiero sindacale nel solco deciso e così per la maggior parte degli interventi, “la materia esula dalle competenze riconosciute alle APCSM” e in casi più gravi si arriva anche a minacciare l’inizio della procedura per la cancellazione dall’Albo.
Alla parte collettiva non manca quella individuale che si materializza con vari trasferimenti d’autorità per incompatibilità ambientale avviati a carico di alcuni militari che ricoprono cariche sindacali elettive. Materiale per i Tribunali Militari, soprattutto in modo difforme da regione a regione che raggiungono numeri preoccupanti per il progresso democratico voluto dalla CEDU.
L’Arma dei Carabinieri è un Corpo militare dello Stato deputato alla difesa della sicurezza e quindi anche al controllo del rispetto delle leggi; allo stesso modo il Nuovo Sindacato Carabinieri, cosi come le altre APCSM, dovrebbero poter vigilare sul rispetto interno delle tutele dei lavoratori in un ambiente che, dovrebbe essere immune da atteggiamenti contrari a quanto già normato. Purtroppo, una parte dirigenziale giustificando che l’avvento sindacale potrebbe inficiare la prontezza e l’efficienza dei corpi militari, crea limitazioni e dinamismi contorti. Ma sarà questa la sola vera motivazione?

Una cosa è certa, il processo di modernizzazione non può arrestarsi e nel breve tempo anche il personale militare avrà le stesse tutele degli altri lavoratori.

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